ghisati

Perchè ci sentiamo ghisati?

What’s Ghisa?

Per capire perché ci “ghisiamo” dobbiamo sapere come funzionano i nostri metabolismi energetici. Paragonando il corpo umano ad un motore, se la nostra alimentazione è il “carburante”, i metabolismi (o sistemi) energetici sono “le marce” da inserire. Come probabilmente saprete esistono due metabolismi fondamentali: quello aerobico e quello anaerobico.

Il metabolismo aerobico brucia prevalentemente zuccheri e produce energia in modo lento e costante. Lo utilizziamo nella vita di tutti i giorni e quando ci alleniamo a bassa intensità, come ad esempio una corsetta senza fiatone. É quello che ci permette attività di lunga durata. Per convertire gli zuccheri in energia, il sistema aerobico ha bisogno dell’ossigeno che inspiriamo. Come residuo di produzione avremo calore e comunissime acqua e anidride carbonica, che buttiamo fuori sotto forma di sudore e quando espiriamo. Più siamo allenati in modo aerobico e maggiore è la nostra capacità di trasportare ossigeno e quindi di utilizzare a lungo questo sistema. In una situazione ideale ci muoviamo solo aerobicamente, perché è il modo più efficiente per il corpo, stanca di meno e fa recuperare in fretta.

Il sistema anaerobico non ha bisogno di ossigeno per lavorare. Entra in gioco a fianco del sistema aerobico quando le cose si fanno più dure: abbiamo il fiatone, viene emessa anidride carbonica in eccesso e l’ossigeno inviato ai muscoli non è più sufficiente alla produzione energetica. Un’altra differenza col metabolismo aerobico è che quello anaerobico ci permette di eseguire movimenti al limite, di dare il massimo, perché sviluppa energia molto rapidamente. Non a lungo però. Causa anche molta fatica e funziona al massimo per un paio di minuti, poi necessitiamo di una pausa per recuperare. Inoltre, già dopo una decina di secondi anaerobici, iniziamo ad andare in acidosi, cioè a produrre materiale di scarto come acidi.

 

 

Il metabolismo nell’arrampicata

In arrampicata sono presenti entrambi i metabolismi. La tipica via di arrampicata possiede dei passaggi più facili e scorrevoli, dove eseguiamo movimenti a media intensità a lungo – attività aerobica – che vengono intervallati dai cosiddetti crux, i passaggi duri, dove abbiamo bisogno di gesti estremi, potenza e forza pura – e cioè attività anaerobica. Inoltre, man mano che saliamo e ci stanchiamo, l’ossigeno che arriva ai muscoli non è più sufficiente. Il nostro corpo lavora sempre meno in aerobico e sempre più in anaerobico, anche su punti che da freschi avremmo superato solo aerobicamente. Quando le cose stanno così possiamo essere certi che a breve dovremo mollare, perché utilizzare il sistema anaerobico è poco efficiente e di breve durata.

 

Analizzata da un punto di vista fisiologico, la “ghisa” è la tipica reazione ad uno sforzo anaerobico portato allo stremo. L’ipossia, ovvero la mancanza d’ossigeno, causa bruciore e il deposito di acidi di scarto indurisce il muscolo. Il cervello manda segnali di fatica che vanno a influire sulla condizione mentale, sull’equilibrio e sulla coordinazione. Gli avambracci sono di solito la prima parte del corpo a “ghisarsi” perché non si sono evoluti per arrampicare. Anatomicamente parlando, i muscoli dell’avambraccio sono fatti per afferrare e trasportare oggetti e non per aggrapparsi ad una parete… sebbene ci piacerebbe il contrario!

ghisa

Prevenire la “ghisa”

Arrampicare a lungo e allenarsi in modo specifico possono aumentare la durata locale degli avambracci, migliorando la loro capacità aerobica e anche regalando qualche secondo anaerobico in più. Lo sanno bene i professionisti, che sembrano instancabili. Nel corso di uno studio sull’ossigenazione locale è stata misurata, in competitori e in persone che non arrampicano, la durata sotto sforzo dei muscoli flessori delle dita: messi i valori a confronto è stato dimostrato che gli arrampicatori possono sviluppare nei loro avambracci il 50% in più di ossigenazione!

 

Una routine appropriata di allenamento a secco al trave può stimolare i nostri avambracci a produrre più ossigeno e a lavorare maggiormente in anaerobico, ma il consiglio che ci sentiamo di dare è quello di osservare e di imparare dai top atleti: i professionisti sono campioni nel conservare le energie e nell’utilizzare esattamente la quantità di forza necessaria ad eseguire il passaggio. Non potete imparare di colpo la loro tecnica ma, per ottimizzare la vostra durata, potete comunque prendere esempio da altre cose che fanno mentre arrampicano.

  • Prima di attaccare la parete riscaldate e preparate all’azione i vostri avambracci. Possono essere utili dispositivi per allenare la muscolatura specifica come il Powerball o il Forearm Trainer.
  • Provate a stringere di meno. Molte volte non è necessario “tirare” così tanto per tenersi. Stringere troppo è un meccanismo che diventa alla svelta automatico, ci fa sprecare energia preziosa e ci lascia molti meno movimenti a disposizione, prima di esaurire sia il sistema aerobico che quello anaerobico.
  • Respirate in modo profondo e costante: vi aiuterà ad ossigenare il corpo e a trovare il vostro ritmo.
  • Imparate a riposare. Fare le giuste pause mentre si arrampica, scrollando le mani per aiutare il sangue a defluire, è importantissimo. Vi ricordate che il sistema anaerobico dura massimo due minuti? Abbiamo solo quei due minuti per mettercela tutta e affrontare il crux. Per questo motivo, se vogliamo organizzare in modo strategico la nostra salita, dovremo fare riposo sia prima che dopo i passaggi difficili.
  • Eseguite ogni giorno dello stretching per gli avambracci. Dopo aver arrampicato, i muscoli flessori della mano rimangono ipertrofici – gonfi – e alla lunga ciò può limitare l’afflusso di sangue e farvi “ghisare” prima.

stretching

stretching

Infine, seppur dall’età della pietra dell’arrampicata ogni climber si è sentito ripetere come un mantra “spingi con i piedi”, noi, nel ricordarvi l’importanza della tenuta aerobica dei nostri avambracci chiudiamo con un motto: “mano non tiene, piede non spinge“.

 

Climb Safe