sospensione inerte

Cos’è la sindrome da sospensione inerte e come gestirla

La sindrome da sospensione inerte, meglio conosciuta come la sindrome da imbracatura, è una condizione clinica a evoluzione mortale in breve tempo quando combina la sospensione inerte con la perdita di coscienza.

In parole povere, un climber appeso alla corda che per qualche motivo, sviene o è privo di sensi, rischia di morire in 3/4 minuti.

Sì, proprio così, si muore in 3/4 minuti se non si interviene tempestivamente.

Cos’è che determina la morte: la sospensione di un soggetto imbragato ed immobile determina un “bloccaggio” del sangue agli arti inferiori con mancato ritorno al cuore per assenza di pompa muscolare (non muovendosi le gambe, non svolgono più funzione di pompa di sangue verso il cuore). In aggiunta a questo la compressione dei cosciali provoca un rallentamento del cuore e diminuzione della pressione arteriosa. Tutto ciò determina insufficienza cardiocircolatoria che porta alla morte nel giro di pochi minuti per insufficienza/ischemia cerebrale.

sospensione inerte

E’ una evenienza non così improbabile in ambito lavorativo, dove ci si può trovare a compiere lavori su fune per lungo tempo, da soli, senza avere un partner a diretto contatto. In questo contesto, un semplice malore può degenerare in qualcosa di più serio, ma anche in arrampicata e soprattutto alpinismo, non è una evenienza così rara.

 

Che cosa fare in caso di soggetto privo di conoscenza, che rischia di subire questa tragica conseguenza? Non c’è altro da fare se non calare immediatamente il compagno in stato di pericolo, anche se nel corso della calata il compagno, non essendo vigile, striscia o impatta lievemente contro la parete, il rapporto costo beneficio nel salvargli la vita è sicuramente a favore di questa operazione. Se possibile, calarlo a terra o comunque cercare di calarlo su cengia o sbalzo roccioso dove, essendo appoggiato alla parete, il compagno non sta subendo lo “schiacciamento” dei cosciali. E’ importante togliere l’infortunato da quella posizione quanto prima possibile. Subito dopo allertare i soccorsi. Se per qualche motivo non fosse possibile calare l’infortunato, un compagno, stando attento a non correre rischi a sua volta, deve raggiungerlo, metterlo nella posizione semiseduta alzandogli le ginocchia o le gambe e sollevare torace e testa.

Tuttavia, per non “andarsela a cercare” ci sono dei possibili segnali precursori di uno sviluppo in negativo che andrebbero riconosciuti e correttamente gestiti:

– disidratazione

– sottovalutazione/non conoscenza del problema

– sfinimento

– patologie pre-esistenti

– errori nella regolazione dell’imbragatura

– eventi traumatici per caduta da oggetti dall’alto

– comparsa di malessere, sudorazione, nausea, vertigini, formicolii alle gambe o alle braccia, tachicardia

 

Aspetti che in caso di insorgere della sindrome, ne facilitano la corretta gestione:

– non essere soli (se si arrampica in autosicura da soli, al sopraggiungere della sindrome non c’è nessuno che ci può aiutare)

– conoscere le manovre di autosoccorso e di soccorso

– saper riconoscere segni precursori ed interrompere l’attività

– buona condizione psico-fisica

 

sospensione inerte

Le procedure da seguire in caso si verifichi la sindrome da sospensione inerte, dopo aver attivato il soccorso, sono quelle di: mantenere ginocchia e busto sollevato di 30° e tenerlo sollevato e di seguire le indicazioni che seguono dal soccorso.

 

Credits: Le Alpi Venete autunno-inverno 2011 “Materiali e tecniche: La sindrome da sospensione inerte” Mario Milani.