arrampicare dopo i 30 anni

Arrampicare dopo i 30 anni

É vero, i trenta non sono i sessanta, ma non sono neanche quella spensierata età in cui potevamo fare tre monobraccio a freddo prima di scaldarci su un blocco di 7a. E tutto con ripercussioni fisiche minime. In effetti sembra proprio che tutti gli allenamenti casuali, tutte le scalate in cui il nostro  corpo ha tirato più del dovuto fatte prima dei trent’anni abbiano aspettato almeno un lustro prima di farci sentire i loro effetti.  Diciamo che ci siamo sentiti invincibili per un po’. Adesso le sbandierate ci presentano il conto, ed, in alcuni casi, è anche piuttosto salato.

Perdiamo capelli, tenenza e stimoli, e la tartaruga inizia a trasformarsi in ippopotamo. Insomma, arrampicare a trent’anni è una sfida non da poco e le ragioni devono essere rese note ai maledetti ventenni e ricordate ai rilassati (rassegnati?) sessantenni.

 

Cominciamo dalla questione “corpo“. Non si può negare che a trent’anni tu sia nel fiore della giovinezza e che nessuna delle cose che facevi a venti ti sia preclusa. A patto però che ti mantenga in costante allenamento. Il problema è che per capirlo ti ci vogliono un paio d’anni. Durante i quali ti viene da chiederti come mai i tuoi addominali abbiano smesso di funzionare in strapiombo e il tuo braccio non chiuda più come una pompa idraulica. Sono solo tre settimane che non vai in palestra. Poi un giorno realizzi che tre settimane di stop alla tua età equivalgono a un anno passato seduto in un Mc Donald. E quando acquisisci consapevolezza è pure peggio perché ogni volta che dovrai prenderti una pausa dalle trazioni (e succederà perchè sei un impegnato trentenne) tremerai all’idea di dover ogni volta riprendere, lento e fiacco come un diesel. Perciò oscillerai fra il disperato tentativo di vivere attaccato al pan gullich e la tentazione di gettare la spugna ed iscriverti a un circolo di bocce, dove almeno saresti invidiato per non avere, ancora, un ventre da partoriente.

arrampicare dopo i 30 anni

Le prestazioni. Facile essere climber dopo i sessanta, tutti si aspettano che tu riesca a malapena a camminare senza bastone, non che stampi gli 8b+ di strapiombo. E quando accade è grasso che cola. Finisci pure sul giornale. Non così dopo i trenta, quando cominci ad accumulare una batosta dietro l’altra, e anche se apparentemente sembri in forma, in cuor tuo progetti di diventare placchista.

 

Acciacchi. Improvvisamente la parola che compare di più nei discorsi coi nostri “colleghi” di falesia è voltaren. Fare i conti col proprio corpo che si incricca diventa dopo i trent’anni una realtà quotidiana. Niente di così terribile, ma il problema è che non eravamo per nulla preparati. I tempi di recupero, abituati a poter scalare sette giorni su sette, ci sembrano eterni; riscaldamento e streching devono per forza entrare nella nostra routine. A un certo punto, con le lacrime agli occhi, compreremo addirittura gli elastici da fitness per scaldare le nostre non più giovanissime articolazioni prima di metterci l’imbrago.

arrampicare dopo i 30 anni

E ci fosse solo il fattore fisico! La crisi dei trenta, come ci ha riempiti di dubbi da cui non ci distoglie nemmeno la nostra collezione di fumetti anni ’90, mette il muso anche nella nostra percezione della scalata. Abbiamo già vissuto la rosea fase dell’entusiasmo bambinesco, quella della prestanza giovanile e ora, dal punto di vista arrampicatorio, siamo nella mezza età. Falesie che ci facevano impazzire d’un tratto diventano troppo lontane, settori di cui non eravamo mai stanchi perdono il loro fascino. La noia, che non ci aveva mai nemmeno sfiorato se solo indossavamo le scarpette, inizia a insinuarsi nel solito tran tran di preparare lo zaino, caricare la macchina e andare a scalare. Ci chiediamo se è così che vogliamo trascorrere quasi tutto il nostro tempo libero: tirando biditi.

Se un tempo che ci sembra vicinissimo in cima alla lista delle priorità c’era il nostro progetto, ora una lunga lista di nuove, belle e brutte responsabilità l’ha fatto cadere in fondo alla lista. E ci sentiamo pure un po’ in colpa.

 

Il declino fisico e morale appare lontanissimo agli arrampicatori appena usciti dall’adolescenza; è stato ormai affrontato e addomesticato dagli ultra sessantenni che hanno vinto in cambio dita d’acciaio e una serena atarassia… Insomma, siamo noi che abbiamo scavalcato la soglia dei trenta a essere sul chiave della via, e la méthode dobbiamo capirla da soli.