stevie haston

Stevie Haston, il cattivo ragazzo del climbing

Stevie Haston è un’icona del climbing inglese. Volto da anni di Grivel, che ne ha fatto il suo testimonial oltre che attore protagonista nei video esplicativi dei suoi prodotti, Stevie Haston è un climber anticonformista, non il tipico rappresentante della comunità alpinistica internazionale. Ed in effetti non è cresciuto in Sud Tirolo alle pendici di qualche vetta dolomitica, ma si è fatto le ossa nelle risse da pub nella Londra degli anni ’70, prima di scoprire l’alpinismo, quello che ora sarebbe chiamato “eroico” (se non folle) di chi attaccava vie dure nelle Alpi, in solitaria e con attrezzatura a dir poco scadente.

Un cattivo ragazzo che nel 2009 a 52 anni ha chiuso un 9a, una via ultra-strapiombante nella immensa Grotte de Sabart ad Ariege, in Francia, essendo così uno dei pochi britannici a scalare su quel grado, nonché uno dei pochissimi ultra cinquantenni a farlo.

Un ritratto anticonformista che emerge direttamente dalle sue parole:

Sono cresciuto nel centro di Londra, che era pieno di criminalità, persone cattive e persone molto povere. Questo mi ha insegnato ad essere indipendente e forte, a guardarmi le spalle e a non fidarmi delle persone, non della polizia, nemmeno degli insegnanti.

Mio nonno viveva a Malta e “Nunoo”, come si dice in maltese, era forte, non molto brillante, totalmente affidabile e non parlava mai. Produceva vino, allevava e pescava. Da lui ho imparato ad alzarmi la mattina, a bere un caffè e ad andare avanti, e a volte a prendermi un calcio nel sedere!

Quando avevo forse 8 o 9 anni, il nonno mi mandò giù da una fessura su una scogliera a Malta per cercare di procurarmi degli uccelli. La scogliera era alta 40 metri ed il percorso è ora chiamato Pigeon Crack (Fessura del piccione). Probabilmente ero a piedi nudi o infradito. Era deluso quando sono tornato con un solo piccione! Non c’era nessun tipo di frivolezza tipo “Bel lavoro, amico”. Ma mi ha insegnato a vedere veramente.

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Vedere è più che guardare. Non si tratta di avere sensi extra, ma di usare i sensi che hai e acquisire più conoscenza e più esperienza. Ad esempio, cerchi il posto migliore per pescare o le linee deboli sulla roccia. Con mio nonno, abbiamo camminato su ripidi sentieri prima dell’alba, scavalcando rocce friabili, e mi ha detto di guardare bene prima di saltare in mare, contare il ritmo delle onde e stare attento ai pesci velenosi. C’era molto silenzio, nessuna chiacchierata e nessun ego. Le chat sono per il bar, quando vuoi darti delle arie.

A 16 anni ho scalato il Col du Plan Direct (M4) a Chamonix durante l’inverno, con un paio di jeans con sotto una calzamaglia. Mi ha insegnato che ero debole, avevo un equipaggiamento di merda e non sapevo nulla. Ho adorato quella scalata e ne volevo ancora.

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Quando ero giovane pensavo che mi potessero capitare solo cose brutte e cattive. Tutto intorno a me era coperto di sporcizia e povertà. Una volta che hai visto una vetta innevata, non vuoi più tornare a quel tipo di miseria.

Quando ho scalato in solitaria il Walker Spur [Grandes Jorasses, Alpi francesi] nell’inverno del 1993, avevo perso una battaglia con me stesso. Ho ceduto alla necessità di farlo in quel modo perché era così che pensavo che si dovesse fare, libero e veloce. Avevo allenato le mani, il cuore e polmoni e li ho portati al limite. Il vento ha iniziato a soffiare forte ed ho avuto un principio di congelamento ad un paio di dita. Nessuno si è accorto della mia scalata, perché non ero connesso alla scena ed alla comunità dell’arrampicata. Da quell’esperienza ho capito che nell’arrampicata c’era qualcosa che non andava: ci furono altre due scalate in solitaria in quell’inverno, ed entrambe ebbero forte riconoscimento nella comunità alpinistica, anche se furono effettuate con passaggi in artificiale e scalarono lo Sperone in tre giorni e mezzo. La mia salita è stata completamente in libera ed in due giorni. Ovviamente volevo il mio riconoscimento. Volevo adulazione, corona d’alloro e pollo arrosto gratis. Sono un uomo, mica il Papa!

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Ho rinunciato a cercare il romantico Santo Graal dell’arrampicata, la combinazione di purezza stilistica, massima forma fisica e impegno.

(Quando ero giovane) Si praticava arrampicata su ghiaccio e misto. C’erano climber tosti che ci davano dentro, mentre oggi l’alpinismo è stato evirato dalla nuova attrezzatura.

Dall’arrampicata mista ho imparato che ero molto più stupido ed impreparato che mai, ma che ero fatto della stoffa giusta. Ma tutto il lato commerciale e mediatico dell’arrampicata mi ha fatto disinnamorare da questa attività, così mi sono dato allo snowboard, un po’ di arrampicata in falesia ed al deserto americano.

Per fare “Linea Maginot” (8c) nel 1994, ho dovuto lavorare la via per otto settimane e calare drasticamente di peso. All’epoca pesavo esattamente 62kg e potevo ancora affrontare le pareti nord più dure in solitaria e più velocemente di chiunque altro. Ma a quel tempo, aumentare il grado in arrampicata sportiva per me sarebbe stato impossibile, avevo ancora molto da imparare.

In conclusione: devi essere leggero per fare vie dure. Sta solo a te.

Ho scalato il mio primo 9a all’età di 52 anni. All’inizio della mia carriera, avrei dovuto rinunciare ad altre parti della mia vita come lo snowboard per raggiungere questo livello, ma non ero disposto a farlo. Ora mi rendo conto che i fattori che contribuiscono al successo su un 9a sono meno impegnativi di quelli richiesti per affrontare vie alpinistiche dure. Se pensi che ciò sia strano, ricorda che ci sono bambini che riescono a fare il 9a ma che probabilmente morirebbero in montagna, quindi c’è una buona possibilità che io abbia ragione.

Gli eroi dell’arrampicata sono le persone che scalano fino allo sfinimento, che considerano l’arrampicata come l’antidoto per questo tipo di schiavitù verso cui il mondo sta andando: questa esistenza politically correct, patetica, alla guida di un SUV, con due settimane all’anno di vacanza e poi ritorno al lavoro, che stiamo vivendo.

 

Stevie